martedì 30 settembre 2008

TESTI SACRI

C’è un’aria strana in giro, se girate un po’ per i blog la sensazione che ne ricaverete è quella da fine di un’era…col il dubbio di entrare in un altro medioevo.
Ieri mi sono fermato sui blog ( ben fatti e ben scritti ) di un paio di bloggers dichiaratamente di sinistra; una dichiarava sconsolata di non sentirsi più a casa sua, di non riconoscere più il suo paese, di temere un effetto devastante sulla società a causa di una specie di blocco, o stop che dir si voglia, che questo ultimo governo ha imposto alla nazione. Insomma un dietro front incredibile e crudele dalle posizioni e prospettive che invece negli ultimi 30 anni avevano illuminato l’Italia.
Io credo che, come sempre, dobbiamo andare a guardare indietro nel tempo, molto indietro e dobbiamo avere il coraggio di guardare la storia della nostra penisola: solo così certe cose si possono chiarire.

Cominciamo dalla COSTITUZIONE, la carta madre con cui confrontarsi, quella che detta i principi basilari della nostra convivenza. Molti la considerano un libro sacro intoccabile, una specie di Bibbia laica e venerabile: non è così. La Costituzione è il risultato finale di un compromesso molto faticoso fra culture storiche e politiche diverse ed è datata, evidentemente segnata dalla guerra e dai traumi da cui uscì l’Italia nel 45. Non posso pensare che a distanza di più di 50 anni non vi sia uno scollamento evidente tra i tempi e lo scritto; anche da sinistra, anche da parte dei più accesi sostenitori dello “spirito costituzionale” si ammette che esistono 2 costituzioni, una formale e imbalsamata ed una materiale che si modifica con le trasformazioni del nostro tempo e che ci è inevitabilmente più vicina e adeguata, riconoscibile nei fatti dei nostri giorni. La carta costituzionale va conosciuta e rispettata, la venerazione è fuori luogo. Il capo dello stato Napolitano ha chiesto rispetto per la Costituzione ma si è dimenticato dei suoi trascorsi in piazza a difendere assieme ai suoi compagni del PCI l’invasione russa dell’Ungheria. Lui stesso afferma che non si può giurare sulla Costituzione quando si hanno riserve mentali o sentimentali nei confronti di fette del passato! Ma questo è incredibile, la Costituzione fu scritta e firmata da uomini che avevano riserve mentali fortissime, uomini che parlavano di democrazia e libertà parlamentare e poi veneravano Stalin, la dittatura del proletariato e i soviet! Uomini che, a parole scritte, riconoscevano il primato della persona e i diritti individuali ma in realtà credevano al primato del partito e dei diritti collettivi. Uomini che sulla carta firmavano sul diritto inviolabile alla proprietà ma da comunisti o socialisti lo avversavano! Questa era ed è la nostra Costituzione: nata con molte riserve mentali, ideologiche, religiose e civili. Ma la cosa più strana e grave è che gli italiani si sono dimenticati tutti ( anche gli intellettuali illuminati ) che già allora la Costituzione rifletteva solo metà della realtà italiana: mezza Italia aveva votato monarchia e quindi si riconosceva nello Statuto Albertino e solo pochi anni prima nel 38 la gran parte dei cittadini aveva tributato un consenso sincero al partito fascista e in esso ancora si riconosceva come in segni di continuità sociale. La dura realtà è che siamo degli ipocriti e venerare la Costituzione prescindendo dalla storia e dalle spaccature del Paese è assurdo. Vogliamo dirlo una buona volta che è inevitabile, se non si vuol essere ipocriti, coltivare assieme a valori condivisi e regole comunemente accettate anche valori diversi e percorsi storici, sociali e biografici da rispettare? La Patria è la tradizione secolare di una terra e di un popolo non una Costituzione scritta ieri da gente divisa e accesa l’un contro l’altro; non sono le regole che guidano e suscitano l’amor patrio e quantomeno una squadra di calcio, ma le idee, i paesaggi, la vita trascorsa a coltivare la terra, l’esperienza reale di lavoro e fatica dei popoli e le loro consuetudini i loro linguaggi e la loro memoria. Infine la cosa più profonda e più sacra: il rapporto dei padri con i figli. Il padre di Walter, Vittorio Veltroni, fino al 38 radiocronista entusiasta dell'EIAR, la radio di regime, commentatore della visita di Hitler a Roma da Mussolini è esistito. On. Veltroni, era un essere abietto suo padre? Un sostenitore di criminali di cui vergognarsi? o uno sprovveduto?O non è forse vero che distinguendo l’Italia fascista fino al 38-39, separandola dalle leggi razziali e dalla guerra che ci ha massacrato si salva anche la memoria e il rispetto di larga parte della nazione e non si difende solo una piccola parte di biechi nostalgici?
L’autrice del post che non si riconosce in questa Italia o non è sincera o ama la storia artefatta ad arte per portare acqua solo ad un mulino.


Gli altri? Muoiano di fame.

venerdì 26 settembre 2008

AMICI


Per farsi un amico ci vuole quasi una vita. Bisogna essere stati poveri insieme e, qualche volta, felici.

L. DE CRESCENZO- Così parlò Bellavista,

Buon fine settimana a tutti.

DON LORENZO MILANI, UNA PROVOCAZIONE



Una scuola che seleziona distrugge la cultura”, Don Milani, Lettera ad una professoressa.
Mi pare evidente che il parroco di Barbiana non si possa toccare, è lui l’idolo assoluto di molti docenti degli ultimi 30 anni, sicuramente è il totem da portare in corteo come icona antiGelmini in queste settimane di “turbolenze didattiche”.
Il libro è del 1967, l’anno prima del gran botto generazionale che ha portato ad una nuova concezione di scuola e educazione all’apprendimento; don Milani coniò anche il motto
I CARE l’esatto contrario del ME NE FREGO in camicia nera. Se andate a leggere troverete altri assiomi come:
“la selezione è un peccato contro Dio e contro gli uomini” oppureIl frutto della selezione è un frutto acerbo che non matura mai.”
Negli anni 70 ci fu un tributo plebiscitario verso questa logica, negli anni 80 si cominciò a costruire il busto marmoreo del nuovo vate e poi negli anni appresso il mito prese definitivamente forma.
Io invito chi mi legge a riprendere in mano il libro – Lettera ad una professoressa- e riflettere, alla luce di questi ultimi anni maledetti, sull’effetto che i concetti espressi dal parroco di Barbiana hanno avuto sulla scuola italiana. Un Jaccuse perentorio contro le bocciature e la selezione e i professori che le adottavano, perché ogni selezione era “classista”, un vento che spazzò via tutto e tutti, anche l’idea, secondo me evidente, che se non premi i più capaci e meritevoli annulli di fatto la scuola e abbandoni i ragazzi nelle mani del caso e della fortuna. E quando manca la meritocrazia i più fortunati da sempre sono proprio i figli di papà, i ricchi che hanno più mezzi più aiuti e più conoscenze. La tanto aborrita meritocrazia, piaccia o meno, è di fatto l’unica arma di chi non possiede protettori in alto loco. Leggendo più avanti in questo vangelo della scuola nuova si possono trovare altri fiori, anche un attacco violento a un preside reo di aver dichiarato
“La Costituzione purtroppo non può garantire uguale sviluppo mentale o uguale attitudine allo studio
; crocifisso!
Da questa madre sono nati gli studenti degli ultimi 30 anni e la scuola che va spesso su you tube, 3 generazioni di arroganti e presuntosi parolai ignoranti e violenti nell’intimo. Come risultato per un sacerdote non è male.

mercoledì 24 settembre 2008

SCOLASTICHE ABITUDINI


A scuola avevo un maestro unico. Mi ha insegnato a leggere e a scrivere, in pratica mi ha dato lo strumento per differenziarmi da un animale e lo ha fatto per poche lire. Gli stipendi non sono cambiati poi molto, anzi il potere d’acquisto è certamente diminuito ed è risaputo che gli insegnanti italiani sono i meno pagati. Però il livello d’istruzione è basso, più basso della media europea; devo riflettere su quest’ultima cosa.

La mia esperienza, finora, mi ha dato indicazioni diverse nel senso che i somari sono equamente divisi in tutte le nazioni europee: per esempio ho conosciuto ragazzi inglesi di assoluta ignoranza, loro coetanei francesi di grande arroganza e altrettanta ignoranza. Ma di fatto basta parlare con un quindicenne italiano per accorgersi del vuoto (naturalmente le eccezioni confermano la regola) e questa asimmetria diventa ancora più evidente se si confrontano i freddi numeri: abbiamo 868000 docenti più 90000 di sostegno- ci sono 167000 bidelli- abbiamo un insegnante ogni 11 alunni (Francia e Inghilterra uno ogni 20). Insomma la scuola italiana dovrebbe splendere per efficienza e pulizia, invece affonda.

Per l’istruzione spendiamo il 3,4 % del PIL come la Germania ma è sicuramente poco. Credo che agli italiani del livello culturale dei propri figli (tutti geni incompresi ovviamente!) interessi poco; così come ai bidelli ( pardon collaboratori scolastici) interessi intascare lo stipendio e non fare altro visto che la pulizia e la refezione sono in genere affidate ad appalti esterni. Campo minato: appena si tocca questo argomento hanno tutti ragione e poi i posti di lavoro non si toccano, vada come vada e via così con i giudizi che sono dei numeri espressi in lettere e decine di insegnanti di sostegno che spesso non hanno nessuno da sostenere e edifici cadenti ridotti ancora peggio da un vandalismo dilagante.

Ieri parlavo con un insegnante, era disilluso e stanco: ad un certo punto ha sbottato “parole solo parole le tue, lo sai quanto guadagno lordi in un anno? 27500 euro tredicesima compresa e tutto ciò dopo una laurea, l’abilitazione e più di 15 anni di servizio! Che razza di discussione vuoi fare con questi numeri? Io posso solo arrancare in dignitoso silenzio.”
Ho letto con attenzione il recente discorso del ministro Gelmini: è duro ma puntuale, non mi sembra sbagliato affermare che “la scuola deve essere un’agenzia educativa e non un’istituzione per moltiplicare i posti di lavoro…discutere di scuola sovrastimando la possibilità di creare posti di lavoro è un errore colossale.”
Comunque le insegnanti di sostegno che portano i bambini in corteo con il lutto al braccio sono una cosa inguardabile.

martedì 23 settembre 2008

ABITUDINE

"L'abitudine è una seconda natura che ci impedisce di conoscere la prima di cui non ha nè le crudezze, nè gli incanti."

MARCEL PROUST (sodome et Gomorre)

Non sono mai riuscito ad abituarmi ma vorrei tanto esserne capace perchè, ormai, sono veramente stufo di girovagare.