mercoledì 26 novembre 2008

POLVERE E TRAMONTI

Il contatto con il mondo degli altri nella blogosfera mi ha portato il senso del silenzio; è stata una donna: Luna-tica: Qui sotto c'è una realtà non una fantasia: è tutto veramente accaduto. In Sicilia, ad occidente, dove il sole va a dormire dentro il mare.


Selinunte suona magicamente dentro la mia testa, la parola si scioglie lentamente dentro la mia immaginazione: ora si è adagiata qua, davanti a me per soffiarmi sul viso quel che resta di un tempo svanito 40 anni fa, in un pomeriggio come questo quando avresti visto quattro persone camminare lentamente lungo il viottolo che attraversa la zona archeologica.


L'ordine del drappello era sempre lo stesso: mio padre in testa, davanti a tutti di almeno una decina di metri. Poi mia madre, guardinga e speranzosa di un ritmo di marcia meno baldanzoso. Infine io e mia sorella, occupati a sciamare ovunque in ordine sparso. "Passeggiate in famiglia" erano chiamate ed erano ogni volta un'avventura diversa; una sorta d'animazione primordiale senza telecamere attraverso le rovine dei templi dorici della collina orientale, le pietre ammucchiate come pugni di sale bianco sopra un poggio che guardava il mare.


Di nuovo qui, affretto il passo, guardo in alto a occidente, il sole ha iniziato la sua discesa…sento la voce di mia madre. mia sorella ride inseguendo una lucertola. Io invece mi fermo, come facevo allora, per raccogliere una lumaca attaccata ad uno sterpo rinsecchito. Perdo tempo dunque e resto indietro, allora come adesso.

Immobile davanti al tempio il silenzio è assoluto, con la mano cerco la fotocamera dentro la tasca del giubbotto. Sulla pelle scorre un brivido sottile, un'emozione vera: come da bambino questo silenzio è il segno premonitore del miracolo che mi attende fra le rocce.

Le colonne si vanno colorando di un rosa più intenso rubato al sole che, sempre più grande, ormai è quasi sopra il Baglio Bonsignore. Devo muovermi più in fretta. D'ora in poi il tempo muterà nell'intimo la sua essenza, il tempo che qui ha una cadenza sacra, un rito in cui i minuti, i secondi possono dilatarsi o coagulare gli uni sugli altri senza uno schema logico prevedibile.

Quarant'anni prima…. per mio padre, era molto più semplice: una sera dopo l'altra l'estate lunghissima gli regalava opportunità continue di vivere senza fretta. Dopo la sosta al tempio E, ancora pochi passi e tutta la famiglia giungeva sullo spiazzo delle rovine del tempio G: un'enorme quantità di blocchi di pietra grigia, un groviglio inestricabile e confuso di rovi, terra e resti architettonici popolati da gechi e insetti. Dell'immensa struttura restava il perimetro d'alti gradini ed un'unica alta colonna interna, levata come un dito ammonitore e misterioso. Era chiamata da sempre "lu fusu di la vecchia" .

Le voci mi raggiungono nuovamente…-" Mamma, che significa? E dimmelo. Perché non me lo dici?- Non significa nulla di speciale, Mariella. E' un soprannome popolare come tanti, non vedi, somiglia ad un fuso per filare questa colonna"- Interveniva mio padre e, mentre salivamo per un sentiero fra le pietre, ci raccontava per l'ennesima volta di com'erano le cose prima e non fossero più. Filatura compresa
Sento il silenzio, sempre più assordante. Percorro, da solo, la vecchia strada e sono stupito di come niente sia cambiato: le gambe sembrano muoversi in modo autonomo.Mi fermo. Attendo un momento ma le voci sono scomparse, lontano, da molto tempo, questo pellegrinaggio è iniziato da solo, deve finire in solitudine per una logica antica e solenne. Avanti per qualche metro: sono proprio sotto” lu fusu” e le ombre diventano sempre più lunghe. Altri passi veloci… finalmente "la seggia" è davanti a me! Per uno strano e insondabile caso questo pezzo d'architrave, crollando dall'empireo della sua alta funzione, rotolando e spezzandosi assieme alle migliaia di altri blocchi di pietra, è rimasta in cima al mucchio. Superba e insensibile agli insulti del tempo, capovolgendosi, si è sistemata come un divano di foggia avveniristica sopra tutti i resti della gloria ellenica. Arrampicandomi poggio infine le spalle sullo schienale di pietra: è ancora dolcemente tiepido per il calore accumulato durante il giorno. Ma, ora, non c'era più tempo per riflettere: Lo spettacolo sta per iniziare.
Il cielo terso, immacolato, da azzurro è diventato blu intenso. Io, seduto nella mia poltrona, vedo comparire la prima stella: Venere che manda un lampo di luce e comincia a brillare come un gioiello. Il sole, largo e arancione, s'è portato sulla verticale dell'acropoli, il suo disco sta diventando, nella parte inferiore, di un rosso carminio, come fosse venato di sangue. Non c'è più luce, piuttosto un riflesso interno e luminoso che ha vita propria. L'astro scende tra le colonne del piccolo tempio dell'acropoli che sono diventate tanti minuscoli aghi neri, rilevati sullo sfondo del cielo e del mare. Adesso hanno entrambi un'impossibile tinta color indaco.Mi gira la testa. Non vedo nulla, ma sento tutto con precisione assoluta.


Poi, all'improvviso, questo stillicidio cromatico e temporale diventa un urlo viola:Il disco solare emette un respiro tagliente di luce rossa e il tempo si ferma. Tutto immobile: il cielo, la terra su cui poso i piedi, il sole pronto ad essere inghiottito dal mare, le pietre dei templi e l'aria con il suo sottile aroma di rosmarino. Io sono lì, ero lì, sono stato lì... come il bambino di quarant'anni prima e l'uomo di adesso. I miei ricordi d'infanzia legati ai pensieri da vecchio che rigiro nella testa.Ogni cosa al suo posto, sospesa, perfetta nel suo significato più intimo, senza alcuna necessità di collocazione temporale. Probabilmente è questa l'eternità, quella parte di metafisico che ognuno di noi possiede e che spesso chiamiamo anima; il desiderio struggente che divora la nostra vita come un'amante irraggiungibile. Mi invade un benessere calmo, profondo ed io lo assaporo fino in fondo, le braccia allargate e la testa reclinata all'indietro: poter riflettere e finalmente capire come si è chiuso il cerchio della mia vita, cosa ho fatto; Quel che sono diventato è un segreto chiuso dentro di me.
Sono state le cicale a segnare la fine dell'incantesimo, a farmi scendere dal divano di pietra. Attorno al tempio camminavano tranquillamente mio padre, mia madre, mia sorella; la famiglia di nuovo unita ed è stato molto bello tornare ragazzino, con loro.

Quella notte, seduti sul grande capitello rovesciato,




abbiamo ascoltato con attenzione le molte storie,





le piccole grandi avventure narrate da mio padre.


Il firmamento era un enorme puntaspilli di velluto nero pieno di stelle e galassie. Fu eccitante osservare una luce mobile che attraversava lo spazio sopra di noi: un aeroplano? Forse un satellite? Più probabilmente lo sguardo divertito degli antichi Dei che osservavano il nostro formicolare quaggiù sulla terra.

Papà, sono certo che anche tu ricordi le notti in cui stavamo tutti con il viso in aria a farci accarezzare dal vento tiepido che veniva dall'Africa.
Esse non sono trascorse per sempre, sono soltanto andate altrove a raccontare di noi quattro e dei nostri stupori.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

..belle foto, complimenti,
mi sono rilassata leggendo il tuo post, hai reso tangibile le descrizioni, bravo.

B_giornata

NP ha detto...

Davvero molto dolce, tenero e dal sapore gustoso. Baci

Anonimo ha detto...

...solo per un Kiss
e perchè comunque sono di parola,
l'ho già detto ad un altro amico siciliano che prima di spegnere il mio pc volevo salutarti.

..una fetta di cassata sicily..mmmm
wow.. ;-)

kisses and hug

AnnaGi ha detto...

io credo che dovresti scrivere un libro...

UIFPW08 ha detto...

Chi non muore si rivede...grazie per l'invito..come sempre buon sangue non mente.

VIRI ha detto...

@ANNAGI- Io credo invece che dovrei passare più spesso sui miei post "trascorsi ed anche sul tuo blog. Comunque una specie di libro, dal quale ho tratto questo post, l'ho veramente scritto. Mi intimidisce passarlo integralmente sul blog, forse non è all'altezza.

@UIFPW08- la Sicilia, frati mio, è dentro; quello che si vede fuori è picca, veramenti picca.